Scalabrini Fathers
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venerdì 28 settembre 2012 09:21:00

 

 
Un giovane messicano tra gli italiani.


“Anche lo Stato italiano ci abbandona!” gridava una donna anziana, il giorno della marcia di protesta contro la chiusura del Consolato italiano a Bedford. Ero lì a guardare. Queste parole  mi facevano pensare immediatamente a Mons. Scalabrini, quando leggeva le lettere di famiglie piacentine emigrate, che oltreoceano si sentivano abbandonate come bestie. O alla stazione di Milano, dove incontrava un quantità enorme di povera gente, pronta a emigrare. Abbandonata a se stessa.

 

Ho visto me, scalabriniano e messicano, nel trovarmi  in quella stessa situazione. A questo corteo era gente con le mani ruvide dal lavoro a cottimo nelle fabbriche di mattoni, con le occhiaie stanche, con il cuore diviso tra una nazione che li aveva “solo visti partire” e un’altra che li aveva accolti, non senza far sentire loro il peso di essere stranieri.

 

A Bedford ho passato un mese di stage pastorale. Vi ho ritrovato il senso delle origini del carisma scalabriniano: i volti dei migranti. Ho seguito una splendida processione annuale, che qui chiamato “la festa dei santi”. Era una cosa straordinaria veder passare tutti questi emigranti, fieri di sè, portando i loro santi italiani attraverso una città inglese. Oppure alla messa nella loro lingua o al bar della missione. Così, a Londra o a Bedford, li ho visti celebrare la vita, l'amicizia, l’essere amati, ricordati, benvenuti. In mezzo a loro, come sempre, i nostri missionari.

 

“Un sacerdote italiano è sempre un sacerdote italiano!” diceva uno di loro, a una messa funebre presieduta da un prete inglese. Come per dire l’importanza essenziale di essere della medesima pasta. Della medesima cultura. Per cui mi chiedevo: “E se domani in questa comunità italiana arrivasse un missionario vietnamita o filippino?” Veramente, ne guadagnerebbe il senso del mondo. E la grandezza del cuore.

 

 La breve esperienza estiva  in Inghilterra, mi ha fatto riflettere sulla figura del missionario, che non è un funzionario pubblico con un lavoro fatto in certi momenti e periodi dell’anno. È un pastore che ama il suo gregge. Vive e si commuove con il suo popolo. Ama la comunità come fosse un padre. “Padre!”  sentivo chiamare padre Mario ad ogni momento. E mi dicevo tra me: "Non è, in fondo, che la verità!" Dio benedica le nostre missioni.

Erick Bolaños