Scalabrini Fathers
Registered Charity n° 1141084
20 Brixton Road SW9 6BU
London UK
Tel. 0207.7358235
Fax. 0207.8400236
giovedì 6 giugno 2013 14:27:00

 

PERIFERIE DEL MONDO/5
Italiani a Londra
a 3 euro e mezzo l'ora
Per fortuna che ci sono i padri scalabriniani che, pur nell'assoluta povertà dei mezzi, continuano a servire gli emigrati dall'Italia. Loro non hanno mai chiuso la porta ai giovani che tentano la fortuna e spesso si scontrano con una realtà di sfruttamento. Non manca l'attenzione per i pensionati di origine italiana che conservano la nostalgia del proprio Paese, ma non possono più rientrare perché qui hanno figli e nipoti
Silvia Guzzetti
A Londra, nel difficilissimo quartiere di Brixton, i padri Scalabriniani, vivendo nello stile essenziale chiesto da Papa Francesco, fanno da punto di riferimento a giovani italiani in cerca di lavoro e pensionati arrivati qui dopo la seconda guerra mondiale. Un ostello per giovani, una scuola materna, una casa per anziani e un “Club donne italiane”. La parrocchia del Redentore, nata per gli emigranti del nostro Paese, oggi è animata dai canti della comunità filippina e di quella portoghese che hanno portato qui le loro tradizioni. 

Lo stile semplice di Papa Francesco. Scale con la moquette vecchissima, finestre scardinate tra legno e vetro dove entra lo spiffero, muri da ridipingere e, d’inverno, il riscaldamento che non funziona sempre. Unico lusso Rita, la donna delle pulizie. La povertà nella quale i padri Scalabriniani di Londra vivono, ricorda quella chiesta da Papa Francesco. Una missione, in questa capitale del primo mondo, dove giovani italiani arrivano disperati in cerca di lavoro. Lavorare 15 ore al giorno. Come Emanuela Sotgiu, 29 anni, di Cagliari, laureata in scienze politiche, che lavora come commessa, anche a Natale e Pasqua, 12 ore al giorno, per una casa di abbigliamento americana che la obbliga a comprare e indossare ogni mese 5 capi della nuova produzione di abbigliamento. Va via un quinto dello stipendio. O come Boris Carozzi, 26 anni, di Pontida, che ha condiviso per mesi, con altri otto immigrati, un bilocale, al prezzo di 400 sterline al mese (470 euro), lavorando come tuttofare, per 17 ore al giorno, in un ristorante italiano che lo pagava appena 10 sterline, 12 euro al giorno. I padri, Renato Zilio, Francesco Buttazzo, Pietro Celotto e Jake Suarnaba fanno da punto di riferimento e offrono ospitalità. 

L’accoglienza. Si attraversa una porta e i muri sono stati imbiancati, il pavimento rifatto. Le camere che i padri scalabriniani offrono per l’accoglienza, ad appena 20 euro al giorno, colazione e cena compresi, hanno dato ai genitori di Emanuela la possibilità di rivederla dopo 8 mesi. L’accoglienza, qui, non ha confini. E ha abbracciato la signora rumena, una badante, arrivata dall’Italia poche ore fa, affamata e senza lavoro, alla quale è stata subito offerta la colazione. E una coppia, in attesa di un bambino, che non ha mai pagato. “A contattarci, spesso, è il consolato italiano - spiega padre Renato Zilio -. E chiudiamo un occhio se qualcuno non può pagare”. L’ostello per ragazze, diretto, a pochi passi, su Clapham road, da Alison, offre dieci bilocali a 110 sterline alla settimana (130 euro), nulla per la metropoli al sesto posto nella classifica delle città più care del mondo. 

La Londra che sfrutta. A Londra lo sfruttamento, in questi tempi di recessione, è all’ordine del giorno. “Tantissimi giovani italiani, tra i venti e i trent’anni, lavorano come camerieri per poco più di 3 sterline all’ora (3 euro e mezzo) per 15 ore al giorno, 7 giorni alla settimana”, racconta Giovanni Alfonsi, 47 anni, conducente di bus ad Hackney. “Dopo l’iniziale entusiasmo molti se ne vanno”. Boris invece ha resistito ed è riuscito a trovare uno sbocco. Dopo un lavoro in nero in un negozio, la promozione a imbianchino in una scuola privata, dove è diventato segretario per 1700 sterline al mese, 2000 euro. Oggi si sta laureando in marketing alla università di Birkbeck e ha un lavoro che lo aspetta a Stoccarda come manager della Bosch. 

L’emigrante Papa Francesco. “Arrivato come una bomba perché venuto da tutto un altro mondo”, spiega padre Renato. “È lui stesso il messaggio più rivoluzionario perché nessun figlio di immigrati ha mai occupato un posto così importante. Esempio di una vita, a metà tra diversi confini, che è una esperienza strutturante per chi la vive e dirompente per i Paesi che ne sono coinvolti”. I padri Scalabriniani la alimentano, questa “alterità” dell’emigrazione, con i loro due polmoni, quello liturgico e quello sociale. In una mano il Vangelo, nell’altra l’accoglienza. Si chiama “Villa Scalabrini” la casa per anziani di Shenley, a meno di un’ora di treno da Londra, dove chi, ormai dentro la vecchiaia, trova soluzione a un problema impossibile, conciliare la nostalgia per l’Italia, diventata con gli anni più forte, con il desiderio di vedere figli e nipoti radicati ormai qui in Inghilterra. Subito dietro, la scuola materna bilingue che dà ai figli di genitori italiani la possibilità di praticare la propria lingua.

La missione di Brixton road. La missione di 20 Brixton road è proprio questa. Portare Cristo a coloro che si trovano tra due Paesi e aiutarli a raggiungere “la dignità, una vita vivibile e non miserabile”. Si tratti di italiani che facevano i turni nelle fabbriche di cotone e usavano un unico letto per dormire, nel dopoguerra, come Eugenio del Poio, 84 anni, che oggi anima il gruppo pensionati del mercoledì. O delle signore del club organizzato da Roberta Mutti, che raccoglie fondi per diverse attività benefiche. Oggi ad animare la Chiesa del redentore sono le comunità portoghese e filippina, due germogli vigorosissimi, che si sono inseriti sulle radici italiane per mantenerle vive. Per loro i padri celebrano la Messa in lingua tagalog e benedicono le case tra Pasqua e la Pentecoste portando lo Spirito Santo con fisarmoniche, canti e costumi tradizionali. Alterità è anche passare, in pochi minuti, dall’inglese al portoghese o allo spagnolo, come capita a questi padri quando dicono la Messa. “Guardiamo la maggioranza dei fedeli e poi decidiamo”, dice padre Renato.